23-IX-1943. Da Castelforte a Memmingen

Dal sito di Armando Cusani, Presidente della Provincia di Latina.

Il libro “23-IX-1943 Da Castelforte a Memmingen”, diario di un internato in due lager nazisti dal 23.9.1943 al 29.6.1945 di Arturo D’Aprano, verrà presentato venerdì 29 luglio alle ore 21,30 nella storica piazza della Medaglia d’Oro a Castelforte Causa maltempo, l’incontro è stato rinviato a domenica 31 luglio, ore 19, Piazza della Medaglia d’Oro, Castelforte (LT).

 La trascrizione integrale del manoscritto, pubblicato da Herald Editore di Roma, in 250 pagine, è stata effettuata dal figlio Ezio D’Aprano. Inserita nella collana editoriale “Per non dimenticare”, voluta fortemente dal Presidente Cusani, l’opera verrà presentata dal sindaco di Castelforte Gianpiero Forte, dal Presidente del Sistema Bibliotecario del Sud Pontino Giancarlo Cardillo con i contributi dello stesso Presidente della Provincia Armando Cusani, dell’assessore provinciale Enrico Tiero, dell’editore Roberto Boiardi e del Preside Nilo Cardillo. Saranno presenti il curatore del libro Ezio D’Aprano e il moderatore della serata, il dirigente del Settore Cerimoniale della Provincia di Latina Domenico Tibaldi, curatore, tra l’altro, di tutti gli eventi inerenti le celebrazioni sul “Percorso della memoria” istituiti dall’ente di via Costa.
Il rinvenimento del diario, nascosto durante la prigionia nel sottofondo di una valigetta, avvenne per una straordinaria coincidenza, il 23 settembre del 2002, esattamente cinquantanove anni dopo la cattura del sergente maggiore della Milizia, Arturo D’Aprano da parte dei tedeschi. Fu un evento eccezionale, dato il tempo trascorso.
Quando D’Aprano fece ritorno a casa, purtroppo trovò Castelforte distrutta dai bombardamenti e dopo circa un mese e mezzo cessò di vivere. Di quella valigetta di legno che aveva portato con sé, tra gli effetti personali e alcuni documenti, non disse nulla nemmeno alla moglie che nel sottofondo era custodita la storia delle sofferenze patite nei due lager di internamento, annotata giornalmente per circa venti mesi, su una miriade di foglietti di carta.
«Il diario è un documento prezioso sia per la ricchezza delle informazioni riguardanti la vita nei lager nazisti, sia per le annotazioni quotidiane durante l’internamento di cui non si hanno testimonianze. – scrive il Presidente Cusani nella presentazione al libro – Leggendo il diario si ha l’impressione di essere a fianco degli internati e vivere con loro le pene, le sofferenze, le umiliazioni, le ingiustizie, ma soprattutto la solitudine e la disperazione di essere stati abbandonati dalla Patria».
«Arturo D’Aprano nel suo diario pala di sé, – conclude Cusani – ma la sua esperienza è stata comune a quella di migliaia di internati, per cui dare voce e visibilità a lui significa dare voce a tutti i suoi compagni di sventura e far rivivere ancora per un po’ tra di noi chi da una parte o dall’altra, con spirito di servizi verso la Patria, ha contribuito con il sacrificio personale a costruire un Paese migliore».
«Devo essere grato a D’Aprano – scrive nella sua prefazione il Prof. Giacomo De Marzi dell’Università di Urbino – per questa appassionata rievocazione di un tempo prossimo eppure lontano, oltre che per le notizie, per gli effetti e per i ricordi che descrive, anche per l’esempio che susciterà nei giovani. Pur tenendo presenti alcune riserve, mi sembra che il diario sia un’opera nutrita, essenziale, cresciuta in un clima di drammatiche vibrazioni umane, che lo ha caratterizzato fin dalla prime righe. Terminata la lettura, sento che un’impressione forte è restata, ma non voglio andare a cercare, nel diario, più di quello che l’autore che l’autore abbia voluto dire»!
«Ancora conservo nitido il ricordo di mio padre quando tornò a casa dopo oltre due anni di assenza dovuta al suo lungo periodo di internamento nei lager nazisti – conclude Ezio D’Aprano - All’epoca avevo circa dieci anni e di lui conservavo una fisionomia labile, quasi evanescente, poiché con lo scoppio della guerra egli era stato richiamato alle armi e prestava servizio a Roma; le sue apparizioni a casa erano sporadiche e brevi, così non avevo potuto imprimere nella mia memoria la sua immagine e i pochi episodi vissuti insieme. Io stentai persino a riconoscerlo, anche per il suo aspetto sofferente e per la goffa uniforme che indossava».
Quando il 27 gennaio del 1946, dopo circa un mese e mezzo dal suo ritorno dalla prigionia nella sua Castelforte distrutta dalla guerra, Arturo D’Aprano cessò di vivere, aveva soltanto 42 anni.

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